Le mani operose, tese per dare aiuto, pronte a salvare chi ha bisogno, a benedire “con lo strazio nel cuore”, mani che non si sottraggono e offrono invece, insieme alla bellezza di un sorriso, la vita di chi le tende nello “stile dei discepoli di Cristo”. E’ nella concretezza di un gesto, sostenuto dalla preghiera e dall’affidamento a Dio, che Francesco centra il Messaggio per la IV Giornata Mondiale dei poveri, in programma il 15 novembre 2020, e pubblicato oggi. “Tendi la tua mano al povero”: il verso del Siracide guida la riflessione del Papa, riflesso anche delle domande provocate dalla pandemia di coronavirus, che nella “litania di opere di bene” vede il rimedio alla “globalizzazione dell’indifferenza”: un male che porta molti uomini a tendere quella stessa mano per diventare complici dell’egoismo e del cinismo. Il richiamo di Francesco alla Chiesa è di lasciarsi interrogare dai poveri, ascoltando il loro “grido silenzioso” al quale il popolo di Dio è chiamato a rispondere con la testimonianza, la solidarietà, perché il bene comune è “un impegno di vita, che si attua nel tentativo di non dimenticare nessuno di coloro la cui umanità è violata nei bisogni fondamentali”.

Inseparabili la preghiera e la solidarietà

Il Papa ricorda che nella sapienza antica del Siracide si trovano le indicazioni per molte situazioni di vita come la povertà, che “assume sempre volti diversi”, spiega Francesco, e che è il luogo nel quale incontrare Gesù. E’ nel disagio infatti che bisogna avere fiducia in Dio, costruendo con Lui un’intima relazione attraverso la preghiera. “Il costante riferimento a Dio, tuttavia, non distoglie – scrive – dal guardare all’uomo concreto, al contrario, le due cose sono strettamente connesse. La preghiera a Dio e la solidarietà con i poveri e i sofferenti sono inseparabili”. La sua benedizione scende quando è accompagnata dal servizio.

Senza guardare l’orologio e se stessi

“La scelta di dedicare attenzione ai poveri – scrive il Pontefice – non può essere condizionata dal tempo a disposizione o da interessi privati, né da progetti pastorali o sociali disincarnati. Non si può soffocare – sottolinea – la forza della grazia di Dio per la tendenza narcisistica di mettere sempre sé stessi al primo posto”. E’ nello sguardo verso di loro, nella difficoltà di tenerlo, che la vita cambia verso perché l’impegno concreto, guidato dalla carità divina, rende l’esistenza “pienamente umana”. Significa vivere la povertà evangelica in prima persona, perché “non possiamo sentirci a posto – scrive Francesco – quando un membro della famiglia umana è relegato nelle retrovie e diventa un’ombra”.

I gesti che danno senso alla vita

Il bene comune è per il cristiano “un impegno di vita” che diventa testimonianza e condivisione “nel tentativo di non dimenticare nessuno di coloro la cui umanità è violata nei bisogni fondamentali”. Francesco ricorda i “gesti che danno senso alla vita”, spesso ignorati eppure presenti e vivi. Quando infatti conquistano la cronaca “gli occhi diventano capaci di scorgere la bontà dei santi della porta accanto, di quelli che vivono vicino a noi e sono un riflesso della presenza di Dio”. Sono gesti che aprono alla speranza e ci spingono ad andare oltre.

Nella lotta al virus, le mani che fanno il bene

Nel Messaggio del Papa entra con forza l’attualità. In un mondo travolto dal “dolore” e dalla “morte”, dallo “sconforto” e dallo “smarrimento” a causa del coronavirus, Francesco intravede le tante mani tese di medici preoccupati, infermieri senza orari, farmacisti esposti al pericolo della malattia, volontari che aiutano i poveri, sacerdoti chiamati a “benedire con lo strazio nel cuore”.

E altre mani tese potremmo ancora descrivere fino a comporre una litania di opere di bene. Tutte queste mani hanno sfidato il contagio e la paura pur di dare sostegno e consolazione.

La mano tesa verso il povero

Di fronte all’impreparazione, il “grande senso di disorientamento e impotenza” provocati dal virus, Francesco ricorda che “la mano tesa verso il povero, tuttavia, non è giunta improvvisa”, “offre la testimonianza di come ci si prepara a riconoscere il povero per sostenerlo nel tempo della necessità”. “Non ci si improvvisa strumenti di misericordia – ricorda il Papa – è necessario un allenamento quotidiano, che parte dalla consapevolezza di quanto noi per primi abbiamo bisogno di una mano tesa verso di noi”.

In crisi le nostre certezze

La pandemia ci ha fatto sperimentare “il senso del limite”, “la restrizione della libertà”, ha provocato la perdita degli affetti più cari, del lavoro, abbiamo scoperto la paura e al tempo stesso – evidenzia Francesco – “quanto sia importante la semplicità e il tenere gli occhi fissi sull’essenziale” e “l’esigenza di una nuova fraternità”.

Le mani chiuse

Dalle mani generose, il Papa passa in rassegna le “mani in tasca” che “non si lasciano commuovere dalla povertà, di cui spesso sono anch’essi complici. L’indifferenza e il cinismo sono il loro cibo quotidiano”. Sono mani che spostano il denaro decretando la miseria di molti o “il fallimento di intere nazioni”; mani che accumulano soldi vendendo armi che “altre mani, anche di bambini, useranno per seminare morte e povertà”. Mani che passano la droga, che scambiano favori illegali per guadagno.

E ci sono anche mani tese che nel perbenismo ipocrita stabiliscono leggi che loro stessi non osservano. In questo panorama, gli esclusi continuano ad aspettare. Per poter sostenere uno stile di vita che esclude gli altri, o per potersi entusiasmare con questo ideale egoistico, si è sviluppata una globalizzazione dell’indifferenza.

Mani dunque che vanno pulite diventando “strumenti di giustizia e di pace per il mondo intero”.

Il progetto d’amore

“In tutte le tue azioni, ricordati della tua fine”: si legge nel Siracide perché “il fine di ogni nostra azione non può essere altro che l’amore”. “È questo – scrive il Papa – lo scopo verso cui siamo incamminati e nulla ci deve distogliere da esso. Questo amore è condivisione, dedizione e servizio, ma comincia dalla scoperta di essere noi per primi amati e risvegliati all’amore”.

Il sorriso donato

Un amore che sboccia nel sorriso della madre verso il suo bimbo che così si sente accolto. Il sorriso, spiega Francesco, che doniamo al povero è quindi la “sorgente di amore” che permette di “vivere nella gioia”, è espressione di chi non fa pesare l’aiuto che offre ma gioisce solo di vivere lo stile dei discepoli di Cristo”. Con lo sguardo rivolto a Maria, la madre dei poveri, Francesco conclude il suo Messaggio:

Possa la preghiera alla Madre dei poveri accomunare questi suoi figli prediletti e quanti li servono nel nome di Cristo. E la preghiera trasformi la mano tesa in un abbraccio di condivisione e di fraternità ritrovata.

Da News.Va

Clicca qui per leggere il Messaggio completo di papa Francesco per la IV Giornata Mondiale dei poveri