logo.caritasCaritas Italiana si unisce alla preghiera e al cordoglio di Papa Francesco, che ha espresso il suo profondo dolore per il nuovo dramma dell’immigrazione avvenuto oggi a Lampedusa, dove un barcone è naufragato. Un centinaio i corpi recuperati, ma nel relitto ci sono ancora decine e decine di morti. «Preghiamo insieme Dio – ha detto il Papa – per chi ha perso la vita: uomini donne bambini, per i famigliari e per tutti i profughi. Uniamo i nostri sforzi perché non si ripetano simili tragedie. Solo una decisa collaborazione di tutti può aiutare a prevenirle».

 

«Si tratta – ricorda don Francesco Soddu, Direttore di Caritas Italiana – di persone che fuggono da contesti di guerra, rispetto ai quali abbiamo dei doveri internazionali di accoglienza. Se pensiamo a situazioni come quella del conflitto siriano, con milioni di rifugiati che cercano di salvare le proprie famiglie, anche fuggendo dai campi profughi, una domanda viene spontanea: – Perche l’Italia, come hanno già fatto altri paesi, ad esempio la Germania, non apre dei corridoi umanitari per far arrivare in sicurezza queste persone, con le loro famiglie, invece di costringerli nei fatti a mettersi in mano dei trafficanti di uomini e a rischiare la propria vita in mare?». Una delegazione di Caritas Italiana sarà da lunedì proprio a Lampedusa, per un incontro con il Vescovo, S.E. mons. Francesco Montenegro, gli operatori della Caritas di Agrigento e la Delegazione delle Caritas diocesane della Sicilia.


A pochi giorni da un’altra strage di migranti, quella di Scicli (Ragusa), Caritas Italiana, insieme a tutte le Caritas diocesane, a partire da quelle più direttamente coinvolte come quella di Agrigento, rilancia il suo impegno sul territorio per l’accoglienza e l’accompagnamento dei profughi. Accanto a questo occorre però la consapevolezza che la questione immigrazione necessita di un approccio legislativo globale, anche a livello europeo.

 

Gli strumenti internazionali per far arrivare in sicurezza i rifugiati sono infatti diversi, ma solo in pochissimi casi vengono utilizzati dagli Stati europei. Si va dal reinsediamento di rifugiati da un paese di primo asilo, alle operazioni di trasferimento umanitario attivate nel contesto di emergenze umanitarie (i cosiddetti corridoi umanitari), all’uso flessibile dei visti e le procedure di ingresso protetto.

 

Già tre mesi fa, in occasione della visita di papa Francesco sull’isola, il dramma degli sbarchi era stato denunciato con forza.